Terrore e tremore Il “Wall Street Journal”, a proposito dell’Italia, martedì scorso, ha scritto che il "bilancio domestico è ancora magro". Il destino di Renzi secondo il quotidiano statunitense, dipende “da quello che riuscirà ad ottenere in Italia, non a Bruxelles”. Incrociamo le dita. L’Istat ha appena fatto sapere che la crescita indicata dello 0,8% dal nostro governo per il 2014, è sballata. Secondo il centro di statistica, diretto proprio da Padoan fino al momento in cui è divenuto ministro dell’Economia, il secondo trimestre si chiuderà in una forbice compresa tra -0,1 e +0,3%. L’ipotesi è quella di un arretramento pericoloso della tenuta dell'impianto di politica economica per l'anno in corso, con tanti saluti alle previsioni del Documento di economia e finanza. Il dato che chiude il primo semestre 2014, sarà fornito dall’Istat il prossimo 6 agosto. Fino a quel momento terrore e tremore. Anche perché la nostra produzione industriale a maggio è scesa per il terzo mese consecutivo, gli ordini e i consumi sono calati anch'essi e dal commercio con estero è giunto un altro colpo basso con un risultato peggiore delle attese. Non aiuta nemmeno l'indicatore di fiducia nell'industria manifatturiera, sceso a giugno considerevolmente. Morale: diminuiscono le imprese che attendono un impulso dai mercati esteri e i piani di produzione e di assunzione, vengono spinti al ribasso. Per cui la solfa è la stessa, con buona pace del ministro del Lavoro Poletti e dei suoi piani giovani. La disoccupazione, abnorme, resta al palo e la cassa integrazione, invece, aumenta. Abbiamo visto che sul fronte della crescita le cose non vanno bene nemmeno in Germania. Angela Merkel in visita a Pechino, il Paese che tutto sommato preferisce, ha sottolineato di essere sempre contraria a finanziare la crescita con il debito. “Piuttosto – ha detto ai suoi interlocutori cinesi - è meglio crescere meno”. Ovvio che l’obiettivo di crescita economica annunciato dall’Italia venga considerato a Berlino lodevole, ma il ministro delle Finanze, l’arcigno e demoniaco, Wolfgang Schaeuble ha già messo in chiaro che le riforme strutturali non devono essere una scusa o un’alternativa per evitare il consolidamento fiscale. Che significa aver bisogno dell’uno e dell’altro. Nel caso poi si coltivassero speranze improprie, ecco il commissario ad interim agli affari economici Ue, l’estone Siim Kallas, preoccuparsi di far sapere che scorporare alcune spese dal calcolo del deficit non è compatibile con le regole Ue: “Tutta la spesa deve essere calcolata nel deficit”, ha detto. L’Estonia è un alleata di ferro della Germania, ne previene persino i desiderata ed è il suo portavoce più attendibile. Roma, 10 luglio 2014 |